Archivio | giugno 26, 2008

Una città sotterranea sotto la presunta prigione di Emanuela Orlandi

Roma | 26 giugno 2008

E’ una vera e propria città sotterranea quella che è stata scoperta sotto la palazzina di via Pignatelli, nel quartiere Gianicolense, dove sarebbe stata tenuta prigioniera Emanuela Orlandi e dove da questa mattina è in corso il sopralluogo della polizia. L’ispezione è stata disposta in seguito alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, ex amante del boss della Magliana Enrico De Pedis, che nei giorni scorsi ha indicato la banda come responsabile del rapimento della giovane, avvenuto il 22 giugno 1983. Continua a leggere

Caso Olrandi, ispezionata la presunta prigione di Emanuela

Nella palazzina di via Pignatelli, a Roma, sarebbe stato trovato anche un bagno in un cunicolo. La descrizione ”dell’appartamento-prigione” corrisponde a quella fatta dalla testimone, ma non c’è traccia certa del presenza della Orlandi in quelle stanzeA 25 anni dalla sparizione di Emanuela Orlandi oggi la polizia ha ispezionato una palazzina in via Pignatelli, a Roma, in cerca della prigione della ragazza. La descrizione dell’appartamento visitato sembra proprio quella dove è stata tenuta prigioniera, ma della sua presenza in quelle stanze non c’è alcuna prova.
Nell’ispezione è stata ritrovato un bagno nascosto da un muro in un cunicolo, e si è giunti a una prima seppur labile traccia di verosimiglianza del racconto della supertestimone. Continua a leggere

CLINICA DEGLI ORRORI: SINDACATI OCCUPANO LA SANTA RITA

Le Organizzazioni sindacali hanno annunciato oggi l’occupazione della Santa Rita, la cosiddetta ‘clinica degli orrori’ di Milano, finita nel mirino della magistratura che ha ordinato una serie di arresti per lesioni, truffa al servizio sanitario nazionale e omicidio. La decisione, nel corso di un’assemblea nel pomeriggio aperta a dipendenti ed ex pazienti, molti dei quali hanno difeso l’operato dei medici della struttura. L’occupazione ha lo scopo – spiegano i sindacati – di “fare pressione” nei confronti della Regione perche’ venga riaccreditata dal Servizio sanitario. La protesta dobrebbe durare 72 ore al termine delle quali “ci aspettiamo risposte per capire come ripartire, ovviamente con nuove regole”.

SACERDOTE ACCUSATO DI PEDOFILIA A CASTEL RITALDI, LA VICENDA FINISCE IN TRIBUNALE

Oggi l’apertura del processo nato dalla denuncia di quattro bambine che frequentavano la parrocchia
Spoleto – 26/06/2008 17:35

La notizia a suo tempo fece molto scalpore. Ora saranno i giudici del tribunale di Spoleto a capire quanto c’è di vero nella delicata vicenda che vede imputato un sacerdote spoletino – ora allontanato dalla parrocchia che reggeva fino a non molto tempo fa – con l’accusa di pedofilia. La vicenda risale ad un paio di anni fa, quando quattro bambine di Castel Ritaldi confidarono ai genitori di aver ricevuto delle attenzioni molto particolari dal loro parroco.Da qui la denuncia che vede imputato il sacerdote per violenza sessuale su minori di 14 anni. Continua a leggere

L’orco confessa: «Sono sposato,ma mi piacciono le bambine»

Il professionista, con tanto di famiglia alle spalle, è arrivato dalla Sicilia per incontrare la ragazzina

MILANO 26/06/2008 – L’appuntamento, concordato via sms, è per le 19 in un bar del centro storico, sotto la Galleria Vittorio Emanuele. Giuseppe, 50 anni, ingegnere siciliano, si presenta con largo anticipo. Crede che ad aspettarlo ci sia una ragazzina di 14 anni, Alexia, fresca di esame di terza media. Non sa che invece, seduta al tavolino di un bar, poco distante, ci sono io, una cronista. Giuseppe si guarda intorno. E’ nervoso. Gira e rigira il cellulare fra le mani. E’ vestito con una camicia color panna e un paio di jeans. Ha gli occhi chiari, i capelli brizzolati, il fisico corpulento.

Alla fine mi faccio avanti. Ma c’è il rischio che Giuseppe, sentendosi “scoperto” se la dia a gambe. E allora mi presento come la sorella maggiore di Alexia, gli dico di essere preoccupata perché ho scoperto che la mia “sorellina” incontra persone su internet. Ci sediamo al tavolino di un bar. Lui ordina un tè freddo, cerca di tranquillizzarmi. E inizia a mentire: «Pensavo che Alexia fosse più grande. Mi aveva detto di avere 18 anni. E poi io non volevo fare nulla di male, solo offrirle una bibita e un gelato.

(L’incontro al tavolino di un bar)
LE DECINE DI MAIL

Eppure, nelle decine di email che ci siamo scambiati, io ho detto di essere una ragazzina e che fra poco mi sarei iscritta al primo anno di liceo linguistico. Nell’annuncio c’era scritto che avevo 15 anni, perché il sito dove ho pubblicato l’inserzione richiedeva necessariamente un’età minima non inferiore ai 15.

Poi, però, nel nostro scambio di email, gli ho “confessato” di averne solo 14. Lui non si è tirato indietro. Anzi. Era ancora più deciso a incontrarmi. Per conquistarsi la mia fiducia mi ha parlato di vacanze, di viaggi, di cinema. Ha usato frasi dolci, quasi paterne. Per salutarmi usava sempre la stessa frase: «Dolcissimi baci».

Mi aveva persino mandato una sua foto, un primo piano, dove nello sfondo si intravedevano alcuni peluche appesi a un armadietto. Io, in cambio, gli ho mandato la foto di una “starlette” americana di 15 anni, idolatrata dai teen ager di qualche anno fa. Lui non se n’è neppure accorto.

(il cinquantenne capisce di essere ripreso)
Davanti al tavolino del bar, con me davanti, la “finta sorella maggiore” di Alexia, il pedofilo parla di sé, della sua famiglia. Abita in provincia di Messina, ha una moglie e due figli. Ragazzini che, orribile coincidenza, hanno la stessa età di Alexia. Ogni mese prende l’aereo e viene a Milano. Il suo chiodo fisso sono le ragazzine. Prova ad abbordarle su internet, oppure per strada. Ma non disdegna neppure il sesso mercenario con le prostitute.

DAVANTI ALLA CAMERA
Dopo un po’, svelo la mia vera identità, proprio mentre al tavolino del bar si avvicina un mio collega, provvisto di telecamera: «Giuseppe, sono una giornalista». Si sente scoperto: «E allora? Mi piacciono le ragazzine».

Poi impallidisce, inizia a farfugliare. Gli tremano le mani. Guarda dritto l’obbiettivo e poi si alza di scatto dalla sedia. «Non potete farmi questo, non è giusto, sono sposato», dice mentre si alza dalla sedia. Davanti alle domande che incalzano, il 50enne non risponde, abbassa lo sguardo, cerca di evitare la telecamere e gli sguardi dei passanti. In meno di cinque minuti Giuseppe è un fantasma che scompare tra la folla.

Cronaca qui milano 26 giugno 2008
 

Pedofilia a Milano: si fingono bambine e smascherano i lupi. Il video shock

Due croniste si fingono quattordicenni in cerca di amicizia e adescano l’orco

 

MILANO 26/06/2008 – Alexia ha 15 anni, ascolta la musica pop e adora andare sui pattini. Sissy ne ha 14, ha appena finito gli esami di terza media, da grande vuole fare la ballerina e non vede l’ora di partire per il mare.

Alexia e Sissy non esistono. È il “travestimento”, virtuale, di due croniste di CronacaQui che si sono finte per una settimana due adolescenti in cerca di nuovi amici. Il risultato dell’inchiesta è stato sconvolgente. In meno di sette giorni decine di uomini, dai 30 anni in su, molti dei quali 50enni, quasi tutti affermati professionisti, hanno risposto agli annunci e proposto incontri alle due ragazzine. Pedofili, perché è di questo che si tratta.

L’APPROCCIO
Il pomeriggio del 17 giugno pubblichiamo i due annunci in alcune fra le più gettonate “bacheche virtuali” di Milano, dove compaiono inserzioni di ogni tipo: dalle offerte di lavoro agli affitti immobiliari. Pochi minuti dopo, Sissy e Alexia fanno il loro ingresso alla pagina “amicizia”. Passa meno di mezz’ora e sui nostri nuovi account iniziano ad arrivare i primi messaggi. Anzi, una pioggia di messaggi: in due giorni ne contiamo più di trenta.
Fra di loro c’è qualche adolescente. Ma sono pochi. La maggior parte ha superato i 30 anni, molti di loro arrivano ai 50. Ci sono avvocati, ingegneri, consulenti e persino un militare. Alcuni sono espliciti, chiedono subito un incontro. Altri si dilungano e cercando di conquistare la nostra fiducia. Molti sono sospettosi: ci chiedono fotografie e numero di telefono per capire se davvero di due quattordicenni si tratta.

LE MAIL
«…Dai sissy… non farti pregare… voglio conoscerti! Forse hai visto le foto e non ti piaccio?» Non ci sarebbe nulla di male in questo messaggio se non fosse che a scriverlo è un trentenne, che dice di essere un militare, e a riceverlo una ragazzina di nemmeno 14 anni impegnata con gli esami di terza media.
Francesco, un avvocato milanese di 36 anni, laureato all’università Cattolica, si spinge ancora oltre invitando Alexia a trascorrere le vacanze sulla sua barca. Si assomigliano tutte le mail ricevute da Alexia e Sissy nei giorni scorsi: prima i “dongiovanni” fingono di voler instaurare rapporti di amicizia e di condividere interessi e hobby con le ragazzine, poi messaggio dopo messaggio, si fanno sempre più ambigui arrivando a chiedere veri e propri appuntamenti.

LE RICHIESTE
I bruti insistono per avere fotografie e numeri di cellulare delle adolescenti, chiedono alle ragazzine di parlare un po’ di sè, anzi meglio di descriversi. È quasi un’ossessione per loro, non posso fare a meno di sapere com’è la “piccola”, vogliono vederla, e se non possono farlo dal vivo si accontentano di una fotografia.
«Mi mandi foto… parlami di te… descriviti… mi dai il tuo numero» scrive Mauro, un impiegato che vive nell’hinterland milanese. I più sfacciati propongono di incontrarsi, magari «per fare quattro chiacchiere e scambiarci il punto di vista su questa città» come suggerisce Luca, oppure, come scrive Mauro «per andare a ballare la domenica pomeriggio».

L’IDENTIKIT
I pedofili della rete sono per la maggior parte molto giovani: hanno quasi tutti tra i 25 e i 35 anni, un buon lavoro, una buona posizione sociale e vivono principalmente in città. Tra di loro ci sono impiegati, avvocati, ingegneri, venditori di auto.

Perché allora cercano ragazzine minorenni nascondendosi dietro all’anonimato di Internet?

IL VIDEO SHOCK

 Cronaca qui milano 26 giugno 2008