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Garlasco, Stasi scagionato dalla perizia medico legale

l documento “super partes” sgretola la teoria accusatoria della Procura

Chiara Poggi morì nella mattinata dopo un’agonia di decine di minuti

Feddo il commento dell’imputato: “Sono abbastanza contento”

Garlasco, Stasi scagionato dalla perizia medico legale

MILANO – Alberto Stasi scagionato dalla perizia “super partes” del medico legale. Punto per punto, l’esperto chiamato dal giudice per rifare le indagini sul delitto di Chiara Poggi, ribalta le conclusioni dei colleghi che finora hanno indagato sull’omicidio di due anni fa a Garlasco.

L’ora del delitto? “Non si può determinare con precisione”. Le macchie sulla bici? “Non è detto sia sangue”. E quelle sul sapone “non sono una prova”. Non è sostenibile neppure il sospetto che le scarpe del presunto assassino siano state ripulite per cancellare gli indizi: “Il sangue sul pavimento era secco”. Il processo riprenderà tra qualche settimana ma dopo la perizia disposta dal giudice di Vigevano, tutto è diverso e l’imputato sembra già assolto.

Eppure la cospicua relazione dei Ris – 235 pagine di fotografie e analisi – sembrava univoca nell’indicare le responsabilità dell’indiziato. La Procura aveva addirittura formulato la richiesta di 30 anni di reclusione. Poi però il giudice per le udienze preliminari ha deciso di rifare le perizie e ora i giochi si riaprono, ma la reazione di Alberto Stasi appare fredda e distaccata: “Sono abbastanza contento”, è stato il laconico commento alla notizia della perizia.

“L’ora del delitto non è valutabile”. A partire dall’ora del delitto, elemento chiave per dimostrare l’innocenza dell’unico imputato. Il professor Lorenzo Varezzo, perito del Gup, ha scritto che non è “valutabile con precisione l’epoca della morte, se non affermando che essa avvenne nel corso della mattinata”. Espressione che lascia spazio alla tesi di Alberto Stasi sicuro che in quelle ore era a casa sua a lavorare sul pc, come una recente perizia parzialmente conferma.

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GARLASCO: SOPRALLUOGO CONSULENTI IN VILLETTA OMICIDIO

nuovo sopralluogo nella villetta di via Pascoli a Garlasco dove, il 13 agosto 2007, Chiara Poggi fu uccisa. Il professor Nello Balossino, su incarico del gup di Vigevano Stefano Vitelli, insieme ai consulenti nominati da parte civile e difesa, ha analizzato il pavimento calpestato da Alberto Stasi, fidanzato della vittima e unico imputato per l’omicidio. Si e’ cercato anche di ricreare le condizioni di luce nella villetta, nel momento in cui Stasi scopri’ il cadavere, e per pochi minuti le finestre di casa Poggi sono state chiuse, come lo erano la mattina del 13 agosto. Sabato verranno sentiti alcuni testimoni indicati dal gup, tra cui una vicina di casa Poggi, la signora Franca, la quale vide una bicicletta nera da donna parcheggiata vicino al cancello della villetta in un orario compatibile con la morte di Chiara, e i due carabinieri che per primi entrarono nell’abitazione di via Pascoli.


(LA REPUBBLICA 10 giugno 2009)

Garlasco: PC di Stasi spento all’ora del delitto. Sparisce l’alibi

IL DELITTO DI GARLASCO
«Computer spento all’ora del delitto»
Anna Mangiarotti
La perizia dei Ris toglie l’alibi ad Alberto
La difesa: «Il Pc toccato da troppe mani»

GARLASCO. Delitto Poggi: filtrano nuovi elementi dalle analisi dei Ris. Primo: la sera prima della morte di Chiara Poggi, nessuna foto porno è stata aperta sul computer del fidanzato Alberto Stasi, accusato del delitto. Quindi, non è per questo che i due ragazzi hanno litigato. E la mattina dopo – il 13 agosto 2007 – non c’è attività fra le 10.37 e le 11.57 sul pc che Alberto sostiene invece di aver usato fino a mezzogiorno, a casa sua, per completare la tesi.
«Il tempo per uccidere». Quindi: se Chiara come sostiene l’accusa è morta fra le 11 e le 11.30, cade il perno per l’alibi di Alberto. La prima e più corposa (88 pagine) relazione dei Ris analizza il contenuto dell’hard disk del pc di Stasi, indagato anche per possesso e diffusione di immagini pedopornografiche. Premessa: per il movente del delitto, si era ipotizzata (mai ufficialmente) anche la scoperta da parte di Chiara di un segreto di Alberto che lei avrebbe minacciato di rivelare. E come causa scatenante di un’ultima lite, la visione delle foto hard la sera prima del delitto, trascorsa insieme nella casa dei Poggi in via Pascoli, dove poi Chiara è stata uccisa. Secondo i Ris è certo che quella sera le foto e i filmati pedoporno non sono stati aperti. «Anche perché erano arrivati per caso sul pc di Alberto – dice il suo avvocato Giuseppe Colli – che le aveva cancellate già mesi prima». Ribadisce poi che «sul contenuto originale del pc per almeno 20 giorni dopo il delitto c’è stata un’attività non ufficiale dei carabinieri, e questo ha falsato il materiale». Su questo punto ci sarà battaglia all’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio per Stasi che inizierà il 24 febbraio.
Orari sul pc da verificare. Secondo i Ris, il pc di Alberto la mattina del 13 agosto è stato acceso alle 9.36. Dalle 23.34 del 12 agosto alla mattina del 13 alle 9.36 non c’è attività sul computer. Alle 9.57 è stato aperto un programma per modifiche delle immagini. Subito dopo Alberto avrebbe guardato un’anteprima su un filmato porno. E ancora alle 10.05 Stasi – che archiviava immagini hard con diciture fittizie tipo “cose militari” – ha guardato un video porno, con immagini di adulti. Ma ci sarebbe una discrepanza, pare di un’ora, fra l’orario registrato dal computer e quello reale. Anche su questo lavoreranno i consulenti informatici della difesa e quello della parte lesa, rappresentata dall’avvocato Gianluigi Tizzoni. Ancora: per i i Ris alle 10,17 «viene registrata su Internet Explorer l’apertura o chiusura del file della tesi. Poi non ci sono poi tracce di un utente che interagisce con il pc». E in mattinata «non esistono file temporanei che identificano la digitazione di nuove parti di testo con salvataggio».
«Foto pedoporno salvate». Si ribadisce che «sono stati individuati file e foto pedoporno condivisi su Internet», questo successivamente al 22 ottobre 2006, data di installazione di E-mule. E ancora: «Le copie sull’hard disk evidenziano la volontà di usufruirne successivamente».
(La PROVINCIA PAVESE 13 gennaio 2009)

PAVIA: OMICIDIO GARLASCO, CHIARA NON GUARDO’ IMMAGINI PEDOPORNOGRAFICHE

Milano, 12 gen. – (Adnkronos) – Alibi o movente. Nel computer portatile di Alberto Stasi potrebbe esserci la verita’ sul caso di Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta a Garlasco il 13 agosto 2007. Nella relazione di 88 pagine firmate dal Ris di Parma emerge il contenuto dell’hard disk dell’ex studente modello, indagato per omicidio e detenzione di immagini pedopornografiche. Foto e frame di filmati che non lasciano dubbi sull’eta’ dei protagonisti, ma che Chiara non guardo’ mai. Non emerge che la sera prima del delitto, come spesso ipotizzato, la 26enne scopri’ l’esistenza di quelle immagini nel computer del fidanzato. Inoltre, la relazione della Scientifica svela un retroscena inedito: alle 10.05 del 13 agosto Alberto, poco prima dell’uccisione di Chiara, stava guardando un film porno. Una rivelazione che non gli vale un alibi: “l’analisi corrente evidenzia l’assenza di attivita’ dalle 10.37 alle 11. 57 del 13 agosto” si legge nell’incarico conferito dalla Procura al capitano Aldo Mattei e all’appuntato scelto Saverio Paolino. Secondo il medico legale la 26enne fu uccisa tra le 11 e le 11.30, quindi l’unico indagato avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere via Pascoli e compiere il delitto. Quella mattina il computer di Alberto viene acceso alle 9.36, un minuto dopo il 24enne si accredita, poi alle 9.57 apre un programma spartano usato per piccole modifiche delle immagini. Pochi minuti dopo il 24enne guarda un’immagine: “un’anteprima -si sottolinea nella relazione del Ris- creata dal programma ‘Windows Media Player’ riferita, in questo caso, a un filmato dai contenuti pornografici”. (segue)

Garlasco, chiesta nuova perizia sul pc di Stasi

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GARLASCO (Pavia). Una nuova perizia è stata chiesta sul computer di Alberto Stasi, il giovane di 25 anni accusato dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella sua villa a Garlasco.
A chiederla è l’avvocato Gianluigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi. La famiglia vorrebbe appurare se sul pc ci siano elementi che possano spiegare un’eventuale lite tra Alberto e Chiara. Stasi, infatti, è anche accusato per materiale la detenzione di materiale pedopornografico. Il giovane aveva portato con sé il portatile a casa della fidanzata, per lavorare alla sua tesi in economia. Un particolare che potrebbe avere un peso nell’indagine. L’udienza preliminare del processo è fissata per il prossimo 24 febbraio, quando il gup Stefano Vitelli valuterà la richiesta di rinvio a giudizio di Stasi.

Garlasco, consegnata perizia:”Alberto ha mentito fin dal primo giorno”

11/12/2008 (7:16) – RETROSCENA
“Alberto ha mentito fin dal primo giorno”

Garlasco, in 130 pagine gli scienziati smontano la difesa dell’imputato
CLAUDIO BRESSANI
GARLASCO (PAVIA)
Centomila «camminate virtuali» e zero possibilità di non sporcarsi le scarpe di sangue: «Non c’è una sola prova che non intercetti tracce ematiche». Gli inquirenti l’avevano intuito fin da subito, di fronte ad un corridoio cosparso di macchie e ad un paio di scarpe senza la più microscopica traccia sotto le suole. Ora un ingegnere del Politecnico di Torino l’ha dimostrato scientificamente. E le 129 pagine (più un centinaio di allegati) della relazione tecnica depositata in Procura a Vigevano il 4 febbraio scorso da Piero Boccardo, 44 anni, professore associato di Telerilevamento al dipartimento di Ingegneria del Territorio, Ambiente e Geotecnologie, già perito del caso di Cogne, potrebbe avere un peso determinante sulla sorte processuale del 25enne laureato alla Bocconi, che il 24 febbraio dovrà comparire davanti al gup di Vigevano con l’accusa di omicidio volontario.

Insieme a cinque collaboratori del Siti, l’Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione, il professor Boccardo, nominato consulente dal pm di Vigevano Rosa Muscio, ha applicato una tecnica che non ha precedenti in Italia in un’indagine penale. Hanno rilevato con un laser scanner le scarpe Lacoste color bronzo sequestrate ad Alberto in caserma e ne hanno generato al computer un «modello solido», tridimensionale. Poi, per undici ore, il 20 dicembre 2007, hanno eseguito sofisticatissimi rilievi sulla scena del crimine, nel corridoio della villetta di Garlasco. Hanno ripreso i locali con tecniche fotogrammetriche digitali, poi hanno effettuato rilievi topografici e quindi rilievi tridimensionali mediante laser scanner terrestre, un’apparecchiatura che di solito si usa per il territorio e che qui è stata impiegata all’interno di un’abitazione.

I dati acquisiti sono stati elaborati fino ad ottenere un «modello fotogrammetrico orientato» del corridoio. Quindi hanno preso le centinaia di foto delle macchie di sangue scattate sulla scena del crimine dagli inquirenti e le hanno acquisite dopo una procedura di «raddrizzamento» per correggere le distorsioni prodotte dagli obiettivi fotografici. E infine, con i due modelli a disposizione, quello delle scarpe e quello del corridoio, utilizzando un software appositamente sviluppato, hanno dato il via alle simulazioni al computer. Il punto di partenza sono state le dichiarazioni rese a più riprese dall’imputato, che ha descritto i suoi spostamenti all’interno della casa prima e dopo aver scoperto il corpo di Chiara sottolineando di essersi mosso «con passo celere» e «senza fare attenzione a dove ponevo i piedi».

Per questo, afferma il consulente, «l’evento relativo allo spostamento sulla scena del crimine è un evento casuale e come tale modellizzabile statisticamente». Sono stati presi in considerazione solo i tre tragitti principali: dall’ingresso alla stanzetta sul fondo, da quest’ultima alla porta d’accesso al vano scale della cantina (dove giaceva il cadavere) e infine da qui all’uscita. In totale i percorsi simulati sono stati 809.186, di cui più di 100 mila relativi al percorso totale, ipotizzando varie andature e falcate e tutte le possibili traiettorie. Risultato: Alberto Stasi ha fatto mediamente 19,4 passi e più della metà (10,7) toccano il sangue. Ma soprattutto non c’è stata una sola simulazione in cui ciò non sia avvenuto.

In alcuni test è stato considerato un numero estremamente più ridotto di tracce ematiche, escludendo tutte quelle (circa i due terzi) più piccole, di superficie inferiore ai 4 millimetri quadrati, assumendo l’ipotesi particolarmente favorevole per Alberto che si fossero già coagulate (benché i testimoni abbiano detto che non era così e comunque il Combur test rileva anche il sangue coagulato). Il risultato non è stato molto diverso: il numero di passi che hanno pestato sangue è diminuito, ma non c’è stata una sola prova «immune da calpestio di tracce ematiche». La risposta al quesito formulato dal pm è dunque netta: «Vista la probabilità nulla calcolata, si può affermare come tale evenienza sia impossibile». C’era anche un secondo quesito, relativo alla possibilità di aprire la porta a soffietto del vano scale senza pestare il sangue.

In questo caso, su 227.493 camminate simulate, sono solo lo 0,6% quelle in cui ciò non avviene entro 75 centimetri dal battente. E tra l’altro, per farlo, bisogna assumere una posizione estremamente innaturale, con le punte delle scarpe quasi a contatto e i talloni molto divaricati. Questo risultato fa concludere che «tale eventualità è statisticamente assolutamente improbabile». L’ingegner Boccardo nella sua relazione sottolinea che in molte occasioni «a cautela dell’indagato sono state considerate una serie di ipotesi a lui favorevoli». Ad esempio per le scarpe è stata utilizzata «la proiezione ortogonale invece che quella secondo la superficie di rullaggio delle suole», più ampia; «non sono state prese in considerazione eventuali macchie presenti in corrispondenza delle fughe delle piastrelle»; soprattutto, non sono stati analizzati una serie di ulteriori spostamenti, come quelli «che l’indagato dichiara di avere effettuato in prossimità delle porte di accesso al bagno, alla saletta tv e al garage», nonché i gradini, uno o due, fortemente imbrattati, che dice di aver sceso dopo aver aperto la porta a soffietto per vedere il corpo di Chiara

lA sTAMPA 11 DICEMBRE 2008

Garlasco,computer “smaschera” Stasi
Consulente del pm: “Mente sul sangue”
“Abbiamo simulato al computer 800mila percorsi nella villetta: impossibile non aver sporcato le scarpe di sangue”. E’ la tesi portata avanti dal pm nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi. E per incastrare l’unico indagato, Alberto Stasi, si è avvalso di un professore del Politecnico di Torino che ha realizzato un software che ha ricreato tutti i possibili percorsi fatti da Stasi all’interno della casa di Garlasco. Lo pubblica oggi La Stampa. 

In 129 pagine e un centinaio di allegati il professore Piero Boccardo descrive il lavoro svolto all’interno della villetta dell’orrore assieme ai suoi cinque collaboratori dell’Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione. E’ stato il pm di Vigevano Rosa Muscio a chiedere la consulenza del professor Boccardo già noto alle cronache perché aveva avuto un ruolo simile nel caso Cogne.

L’ingegnere ha praticamente usato scanner tridimensionali per riprodurre la villa di Garlasco in una realtà virtuale. Successivamente ha elaborato un software per simulare tutti i possibili percorsi che l’indagato (sono stati 809.186), Alberto Stasi, avrebbe potuto fare. Molte le variabili tenute in considerazione. A partire dalla velocità dei passi, dovuta alla concitazione del momento; alla posizione dei piedi in ogni momento; alla possibile coaugulazione del sangue a terra, alle fughe delle piastrelle che avrebbero potuto impedire il contatto con la suola.

Il risultato, secondo questa perizia, è inequivocabile: Stasi la mattina del 13 agosto del 2007 ha compiuto una media di 19,4 passi e almeno la metà di questi (10,7) devono avere avuto un contatto col sangue della vittima. Le scarpe di Alberto, quello che lui ha consegnato ai Ris e che dice di avere avuto quella mattina sono invece risultate pulite. La conclusione del pm è diretta: Stasi ha mentito da subito. Nei test effettuati dal docente del Politecnico di Torino sono stati presi in considerazione anche situazioni a favore della difesa ma c’è un punto della casa dove Stasi non può non essersi sporcato: davanti alla porta che conduce alle scale della cantina dove è stato rinvenuto il cadavere di Chiara. Delle 227mila prove fatte, solo lo 0,6% sono a favore dell’imputato. Ma per evitare di toccare il sangue “Stasi avrebbe dovuto mantere una posizione estremamente innaturale, con le punte delle scarpe quasi a contatto e i talloni molto divaricati […] tale eventualità è estremamente improbabile”.
tg com 12 dicembre 2008