Pedofilia, don Roberto Berti: solo due giorni prima era stato festeggiato dal cardinal Antonelli.

LA CITTA’ E LA CHIESA

In 4mila al saluto del cardinale Antonelli.I vescovi toscani indicano Bassetti

“….E a proposito di persone consacrate, sono stati festeggiati ieri, secondo la tradizione fiorentina, i «giubilei» sacerdotali: 25 anni di sacerdozio per don Roberto Berti, il canonico Gianni Cioli, il canonico Stefano Jafrancesco, don John Bosco Mendonca, don Luca Pagliai e don Alessandro Tucci….”

“…In precedenza il cardinale aveva ringraziato i vescovi della Toscana (quasi tutti presenti alla Messa, a partire dal predecessore, il cardinale Silvano Piovanelli, e dall’ausiliare monsignor Claudio Maniago), i fratelli delle altre confessioni religiose, le autorità, i presbiteri e i religiosi, i diaconi e le suore, i laici impegnati della diocesi…”

DI WILDGRETA

La domanda che “l’uomo della strada” si pone, oggi, dopo la sequela di scandali che hanno colpito la curia fiorentina negli ultimi anni, è cosa ci fosse da festeggiare. Inoltre ci si potrebbe domandare come mai l’allievo prediletto di Antonelli, monsignor Maniago, vescovo ausiliare del capoluogo toscano,  sia stato festeggiato nella stessa cerimonia, nonostante sia stato oggetto di alcune denunce che lo coinvolgono in festini a luci rosse e tentativi di plagio di alcuni fedeli per costringerli a cedere le loro proprietà. Dei festini sadomaso a cui avrebbe partecipato Maniago, si è parlato molto nel 2007 (uno degli articoli lo trovate alla fine del post). Nella cerimonia di addio, Antonelli lo ha definito:”’mio primo collaboratore, sollecito, generoso, intelligente, instancabile’ . Di don Roberto Berti, Antonelli non avrebbe dovuto sapere nulla se lo ha festeggiato. Però, in un articolo di pochi giorni fa , si dice che il parroco fosse stato rimosso dalla parrocchia di San Mauro a Signa, ufficialmente per troppo stress, il 6 giugno.E allora? Non vorrei che tutte queste stranezze, nascondano il tentativo di non far esplodere un ennesimo scandalo che, alla fine, è esploso lo stesso.

DA LA NAZIONE 25 GIUGNO 2008
Il congedo del cardinale nell’omelia di San Giovanni: “Vado in Vaticano, ma porterò Firenze nel cuore”. A Roma Antonelli presiederà il Pontificio consiglio per la famiglia. Intanto la Conferenza episcopale regionale lancia la candidatura del presule di Arezzo, Bassetti

Firenze, 25 giugno 2008 – Il più piccolo stringe le braccia intorno al collo del babbo, mentre il fratellino più grande tiene stretto tra le mani la patena con le ostie da consacrare sotto lo sguardo attento della mamma. E’ toccato a una famiglia, ma anche ad alcune coppie di sposi e di giovani fidanzati portare l’offertorio durante il solenne Pontificale di San Giovanni Battista presieduto ieri mattina dal cardinale Ennio Antonelli. Una scelta simbolica quella compiuta dal cerimoniere della Cattedrale per sottolineare ulteriomente la cifra del ministero pastorale svolto dall’arcivescovo nei suoi sette anni di servizio alla chiesa fiorentina. Ma anche per sottolineare quello che sarà il prossimo impegno del porporato umbro chiamato da Benedetto XVI a presiedere il Pontificio consiglio per la famiglia. Ed è alla “cellula viva non solo della società ma della Chiesa, segno e strumento di unità per tutto il genere umano”, come più volte l’ha definita papa Ratzinger, che il cardinale Antonelli ha voluto dedicare l’omelia di congedo dalla Cattedra che fu di San Zanobi.

“So che per molti aspetti la famiglia è in crisi – ha affermato il porporato – ma so anche che essa costituisce a tutt’oggi un ideale molto sentito tra gli stessi giovani. Soprattutto so che a Cana di Galilea il Signore Gesù, per intercessione di Maria, ha cambiato l’acqua in vino e ha salvato la festa di nozze”. “Chiamato dal Santo Padre Benedetto XVI – ha aggiunto il cardinale in una cattedrale gremita di oltre 4mila fedeli, ma anche di autorità milititari e civili tra cui il sindaco Leonardo Domenici e il prefetto Andrea De Martino – vado a Roma portando nel mio cuore e nella mia preghiera questo popolo e questa Chiesa fiorentina. Accompagnatemi anche voi con il sostegno dell’amicizia e della preghiera. Avverto un’enorme sproporzione tra le mie forze e il compito affidatomi. Eppure vado con fiducia”.

Una fiducia e una serenità interiore che hanno accompagnato sempre il cardinale Antonelli nei suoi sette anni al servizio della Chiesa fiorentina. Anche nei momenti più difficili che pure non sono mancati. Soprattutto nell’ultimo anno, ovvero da quando nell’aprile del 2007, è esploso in tutta la sua virulenza il caso ‘don Cantini’. Una vicenda che ha profondamente segnato e diviso la Chiesa fiorentina, ma a cui il cardinale non ha comunque fatto in alcun modo riferimento. Nel giorno della festa del Patrono e del suo saluto alla diocesi ha, invece, voluto ringraziare quanti gli sono stati vicini nel corso del suo ministero pastorale. A cominciare dal cardinale Silvano Piovanelli (‘mio predecessore e consigliere sempre affabile, delicato e saggio’), dal vescovo ausiliare e vicario generale Claudio Maniago (‘mio primo collaboratore, sollecito, generoso, intelligente, instancabile’), dai presbiteri diocesani e religiosi (‘vere strutture portanti della nostra Chiesa’), sino a tutti i fiorentini (‘tante persone che ho incontrato, nelle celebrazioni, nelle assemblee e nella visita pastorale’). “Questi ed altri tratti – ha chiosato il porporato – disegnano nella mia memoria l’immagine che porto con me della Chiesa e del popolo fiorentino, immagine bella, nonostante le ombre che non mancano mai nelle cose umane, immagine in sintonia con le bellezze artistiche della città e del territorio”. Nell’omelia Antonelli ha ricordato anche alcuni ‘temi ricorrenti’ del suo magistero episcopale. “Evangelizzare – ha osservato il cardinale – è irradiare la presenza di Cristo con la nostra vita. E lo spazio privilegiato è il vissuto ordinario che non fa notizia, che non arriva ai giornali e in televisione: famiglia, vicinato, parentela, scuola, lavoro, ospedale, rete degli amici, incontri occasionali. Per questo nella pastorale non do importanza alle parole e ai gesti che servono soprattutto ad avere risonanza mediatica, e neppure ai cosiddetti grandi eventi, pur utili e opportuni qualche volta”. Infine il neo ‘ministro del Papa’ per la famiglia in un modo inusualmente confidenziale ha concluso “vi confesso un segreto: chiedo quotidianamente per Firenze persone consacrate e persone sante perché una chiesa che ha persone consacrate e persone sante è lievito importante per tutta la città”.

Un auspicio salutato con un caloroso applauso da parte dei 4mila fedeli presenti. La solenne concelebrazione eucaristica (erano presenti molti dei vescovi toscani) si è poi conclusa ricordando i giubilei sacerdotali di numerosi preti che in quest’anno ricordano la propria ordinazione presbiterale: don Roberto Berti, i canonici Gianni Cioli e Stefano Jafrancesco, don John Bosco Mendonca, don Luca Pagliai, don Alessandro Tucci (25 anni di sacerdozio); don Giovanni Baldi, don Guelfo Falsini, don Paolo Giannoni, don Enio Lombardini, don Pierluigi Ongaro, don Alessandro Pacchia, don Giacomo Stinghi, don Giorgio Tarocchi, padre Mario Conti e padre Mario Gerali (scolopi), e il domenicano Emanuele Mezzina (50 anni di ordinazione); i canonici Armando Corsi e Averardo Dini, don Danilo Franceschi, monsignor Elio Pierattoni, don Silvano Puccini, don Renzo Rossi, don Raffaello Rugiadi, monsignor Mino Tagliaferri (60 anni); i canonici Guido Barchielli, monsignor Guido Ugo Barducci, don Guido Cosi e monsignor Bruno Fuccini (65 anni); infine festeggiano il ragguardevole traguardo dei 70 anni di sacerdozio: don Furno Checchi, monsignor Ferradino Fiorini e don Giulio Cesare Staccioli.
Mentre al termine Antonelli ha inaugurato ‘OPA Centro Arte e Cultura’, la struttura di Piazza San Giovanni 7 realizzata dall’Opera di Santa Maria del Fiore per l’accoglienza più attiva dei turisti, dove questa sera verrà presentato in anteprima ‘Piazza del Duomo a Firenze’, un filmato di 20 minuti per prepararsi alla visita ai monumenti, ideato dallo storico dell’arte Monsignor Timothy Verdon.

Fonte: La Nazione 25 giugno 2008 Tommaso Strambi

dal  Corriere della Sera 18 settembre 2007

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Monsignor Claudio Maniago vescovo ausiliario di Firenze finito nella bufera

Nell’inchiesta già coinvolto il parroco don Cantini, condannato dal tribunale della Chiesa. Era stato chiamato in causa da una ventina di donne
Festini e minacce a Firenze L’indagine porta alla curia

Cinque testimoni accusano il vescovo Maniago

DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — La sentenza di condanna del tribunale della Chiesa sembrava aver chiuso la vicenda. E invece l’inchiesta penale su don Lelio Cantini, il parroco di Firenze di 82 anni riconosciuto colpevole dai suoi superiori di abusi sessuali nei confronti di alcune ragazze, adesso entra nelle stanze della curia. Esplora i rapporti tra il prete e quello che era il suo allievo prediletto, il vescovo ausiliare del capoluogo toscano Claudio Maniago. Verifica alcune denunce che lo coinvolgono in festini a luci rosse e tentativi di plagio di alcuni fedeli per costringerli a cedere le loro proprietà. L’alto prelato non risulta iscritto nel registro degli indagati, ma nei suoi confronti sono già stati disposti accertamenti e controlli. I magistrati hanno acquisito i tabulati delle sue telefonate e ora si concentrano sui conti correnti bancari proprio per stabilire la fondatezza delle accuse.

La primavera scorsa, tre anni dopo l’arrivo delle prime denunce, don Cantini e la sua perpetua Rosanna Saveri si rifugiano in un convento per sfuggire al clamore che il caso ha suscitato. Oltre una ventina di donne hanno accusato il sacerdote di averle violentate quando erano minorenni. Numerosi parrocchiani sostengono di essere stati plagiati e costretti a consegnargli denaro e beni immobili. L’obiettivo dichiarato da don Lelio era quello di creare una nuova Chiesa «non corrotta» e di trovare «ragazzi da inviare in seminario per colonizzare la struttura ecclesiale». Le presunte vittime si rivolgono alla curia e poi scrivono al Papa sollecitando le sanzioni previste dai tribunali ecclesiastici in attesa che arrivi il giudizio della magistratura ordinaria. Si tratta di fatti avvenuti molti anni fa, temono che alcuni reati vadano in prescrizione. La Chiesa intanto decide di intervenire. Il 2 aprile scorso l’arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli e il suo ausiliare Maniago vengono ricevuti in Vaticano da Benedetto XVI proprio per affrontare la vicenda e decidere gli eventuali provvedimenti. Il processo penale amministrativo autorizzato dalla Congregazione per la dottrina della fede è già stato avviato.

E si conclude qualche settimana dopo con una condanna che lo stesso Antonelli definisce «esemplare»: don Cantini è colpevole non soltanto di abusi sessuali, ma anche di «falso misticismo e controllo delle coscienze». Un plagio dunque. Il parroco non potrà più svolgere alcuna attività, viene di fatto interdetto. Il provvedimento del cardinale si chiude con la difesa della «serietà, della dedizione e della fedeltà del vescovo Maniago». In procura alcuni testimoni raccontano però una diversa verità.

Due dipendenti della curia e due sacerdoti accusano Maniago di aver sempre saputo quale fosse la vera attività di don Cantini, che era il suo padre spirituale, e di averlo «coperto». Lo accusano soprattutto di aver partecipato alla gestione del patrimonio immobiliare sottratto ai parrocchiani. Poi vanno oltre e sostengono che anche lui avrebbe partecipato a festini a luci rosse. Parlano di diversi episodi, l’ultimo sarebbe avvenuto nel 2003. «Più volte — affermano — ci ha minacciato per costringerci al silenzio, ma adesso non possiamo più tacere».

I magistrati li ritengono attendibili e dispongono verifiche mirate. Acquisiscono i tabulati di un cellulare intestato alla curia di Firenze che risulta in uso al vescovo Maniago. Verificano le chiamate effettuate e ricevute tra gennaio e giugno scorsi. Accertano numerose telefonate tra lui e la perpetua, scoprono che almeno due volte l’alto prelato ha contattato il convento dove don Cantini si era rifugiato. Adesso vogliono scoprire il motivo di quelle conversazioni. Capire se sia giustificato dallo svolgimento del processo o se invece nasconda la volontà di accordarsi con i due.

Il 21 aprile si presenta in procura Paolo C., 40 anni. Dice di aver deciso di parlare dopo aver letto i giornali, aver saputo quanto stava accadendo. E torna indietro di dieci anni. «Era agosto 1996 — racconta — e io, che sono omosessuale, avevo messo un annuncio su un giornale, nella rubrica “incontri sadomaso”. Attraverso il fermo-posta fui contattato da una persona che mi diede appuntamento alla Certosa. Quando arrivò mi accorsi che era un sacerdote. Mi portò in una parrocchia vicino Cecina dove c’era anche un dormitorio estivo. Mi disse di chiamarsi don Andrea. Lì trovammo un altro prete e due ragazzi, certamente meridionali. Ebbi con lui un rapporto sessuale, poi rimasi la notte. Il giorno dopo mi dissero che sarebbe arrivato quello che loro chiamavano “il padrone”. La sera ci fu l’incontro di gruppo, quel sacerdote l’ho riconosciuto in fotografia. Era Claudio Maniago ».

L’uomo entra nei dettagli, si sofferma sui particolari. «A un certo punto dissi basta, non potevo continuare». Paolo C. ricorda la sua fuga, la crisi. Dice di averne parlato con don Andrea «che in seguito mi aveva contattato varie volte». E aggiunge: «Mi offrirono dei soldi, poi mi fecero un bonifico. Avevo paura che si potesse pensare a una sorta di estorsione per comprare il mio silenzio, ma loro mi dissero che volevano farmi soltanto un’offerta». Sono poco più di tre milioni di lire. Il testimone fornisce i dati per risalire all’operazione, i pubblici ministeri delegano la polizia a effettuare le verifiche. Il passaggio di denaro viene rintracciato sulla Banca delle Marche. Ora proseguono gli accertamenti patrimoniali per scoprire se ci siano stati altri episodi analoghi. Soltanto quando il quadro sarà completato si deciderà se formalizzare le accuse. Prima dell’iscrizione nel registro degli indagati i magistrati vogliono incrociare i dati a disposizione ed effettuare altri riscontri.

18 settembre 2007

Firenze, bufera sul vescovo:”E’ lui quello dei festini”

Accuse contro l’ausiliare Maniago: «Orge sado-maso e minacce ai testimoni»

GUIDO RUOTOLO
FIRENZE

Anche il Vescovo ausiliare di Firenze, Claudio Maniago, chiamato in causa da alcuni testimoni tra cui due sacerdoti e due dipendenti civili della Curia stessa, è finito nel tritacarne dei sospetti, dei veleni, delle accuse indicibili che stanno destabilizzando la Chiesa fiorentina, e che ha visto già una testa cadere, quella di don Lelio Cantini, ex parroco della chiesa «Regina della Pace», indagato – insieme alla sua perpetua «veggente», Rosanna Saveri – dalla Procura di Firenze per violenze sessuali, psicologiche e plagio.

Lo scandalo di don Cantini
Don Cantini è già stato «condannato» dal Vescovo, il cardinale Ennio Antonelli, al termine di un processo canonico – «essendo i fatti a lui contestati ormai lontani nel tempo e giuridicamente prescritti» -, al divieto (per cinque anni) di confessare, di celebrare messa e gli altri sacramenti, di assumere incarichi ecclesiastici. Ma quelle accuse, anche se lontane nel tempo (le violenze anche contro ragazze minorenni dai 12 ai 17 anni) sono state ritenute fondate. E l’inchiesta aperta dalla Procura di Firenze avrebbe anche raccolto testimonianze di abusi e di violenze più recenti.

Nell’ambito di questa indagine sono emerse le accuse nei confronti del vescovo ausiliare, Claudio Maniago, che «sapeva» cosa faceva don Cantini e lo avrebbe protetto, coprendolo anche nella gestione (privatistica) del patrimonio immobiliare, frutto delle «donazioni» dei parrocchiani. Di più, secondo le testimonianze raccolte in Procura, anche il Vescovo Maniago avrebbe partecipato a degli incontri sessuali, l’ultimo nel 2003, e avrebbe «minacciato» i testimoni esortandoli al silenzio. L’alto prelato non sarebbe stato ancora formalmente iscritto sul registro degli indagati, anche se la Procura di Firenze ha avviato nei suoi confronti delle verifiche investigative sulla base dei testimoni che lo accusano: sono stati setacciati i tabulati telefonici del cellulare a lui riferibile e portate a termine, sembrerebbe con esiti positivi, delle prime verifiche bancarie. Storie indicibili, di festini a luci rosse. Le vittime delle violenze subite da don Cantini già nel 2004 si rivolsero al Vescovo Maniago, per chiedere aiuto. Ma non accadde nulla. Solo un anno dopo, si rivolsero al Vescovo Antonelli e il 20 marzo del 2006 addirittura a Sua Santità Benedetto XVI, a papa Ratzinger.

Il 21 aprile scorso, il pm Paolo Canessa, riceve nel suo ufficio un uomo, P. C., gay dichiarato, che ha riconosciuto nella foto pubblicata sulle pagine locali di un quotidiano il vescovo Maniago, come colui che partecipò, nell’agosto di dieci anni fa, a un incontro «sadomaso». «Feci un annuncio sul periodico “Contattiamoci” nella rubrica “sadomaso” – verbalizza il testimone – e un giorno fui chiamato da una persona che poi seppi essere un sacerdote che si presentò come “don Andrea”, che mi diede appuntamento alla Certosa del Galluzzo a Firenze e che poi mi portò sulla costa vicino Cecina. Ebbi un primo rapporto con don Andrea, che poi mi ospitò in quella che indiscutibilmente era la canonica di una chiesa. La mattina dopo, don Andrea e un altro sacerdote, don Mauro, mi dissero di prepararmi che sarebbe arrivato il “padrone”. C’erano anche due “ragazzi di vita”, meridionali… Il “padrone” l’ho riconosciuto in fotografia, era Claudio Maniago…».

Storia incredibile, quella verbalizzata da P. C. (in parte accennata sulle pagine locali di un quotidiano e per questo l’uomo è stato minacciato). Il testimone racconta della sua crisi, quella sera, del suo abbandono, della fuga. E che fu ricontattato da don Andrea che gli offrì (e poi diede) dei soldi, oltre tre milioni di lire: «Avevo paura – ha verbalizzato – che si potesse pensare a un’ estorsione per comprare il mio silenzio… ma loro dicevano di volermi fare soltanto un’offerta…».

I soldi e la crisi

P. C. ha indicato al pm Canessa la possibilità di trovare dei riscontri: «Quei soldi mi furono bonificati sul conto della agenzia 1 della Banca di Iesi (poi Banca delle Marche ndr.)». Effettivamente, dai primi accertamenti confermano una movimentazione proprio in quel periodo. Un «indizio» che non prova nulla ma che, evidentemente, rappresenta per gli inquirenti un punto a favore della credibilità del testimone. Ma non è soltanto questa «accusa» ad aver convinto la Procura di Firenze ad allargare le indagini sugli abusi sessuali compiuti da don Cantini, il padre spirituale, il «maestro» che ha guidato il Vescovo Maniago nel suo percorso che lo avrebbe portato ad indossare la tonaca. Ci sono i testimoni della Curia. E l’inchiesta del pm Canessa adesso vuole verificare la fondatezza di quelle «accuse».
La stampa 18 settembre 2007

5 thoughts on “Pedofilia, don Roberto Berti: solo due giorni prima era stato festeggiato dal cardinal Antonelli.

  1. Attenzione. Il monsignore conosciuto come Jessica non è Maniago! Non è (ancora) stato nominato vescovo e non vive in Toscana.

  2. Infatti, hai ragione. Meno male che me lo hai segnalato. Comunque Jessica è monsignor Camaldo, capo cerimoniere del Papa. Dagospia e non solo fece alcuni articoli sul caso.

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