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LEGIONARI DI CRISTO: IL “VIRUS” DI MACIEL COMINCIA A PROVOCARE ABBANDONI

35007. NEW YORK-ADISTA. “Dopo circa 23 anni nei Legionari di Cristo, ho capito che è venuto per me il momento di continuare a seguire Cristo nel sacerdozio diocesano”. La scelta di p. Thomas Berg, negli Stati Uniti uno dei membri più noti dei Legionari di Cristo – è il fondatore ed il direttore esecutivo del Westchester Institute for Ethics and the Human Person, centro di ricerca in bioetica dei Legionari nato nel 1998 con sede a New York – può costituire un caso isolato o il primo di rilievo di una lunga serie, o ancora l’inizio di una lenta emorragia, dopo che la congregazione ultraconservatrice fondata dal religioso messicano p. Marcial Maciel Degollado è stata scossa dalle fondamenta in seguito alle scomode verità recentemente emerse e riguardanti lo stesso fondatore dei Legionari. Accusato per anni di abusi sessuali e pedofilia, infatti, dopo la morte avvenuta lo scorso anno, si è infatti scoperto che p. Maciel aveva condotto una doppia vita ed aveva addirittura una figlia (v. Adista n. 19/09).

In una congregazione fortemente strutturata intorno al culto della personalità del fondatore, queste rivelazioni non potevano che avere un effetto dirompente e traumatico di sbandamento sui membri, tanto che il Vaticano ha recentemente annunciato una Visita apostolica all’organizzazione (v. Adista n. 40/09). In quel contesto, proprio Berg, il 10 febbraio, aveva scritto una lettera aperta in cui aveva accusato i superiori dei Legionari di aver “fallito, e fallito miseramente, nel rispondere adeguatamente a questa crisi” e in cui chiedeva proprio l’invio di un visitatore apostolico.

La notizia dell’abbandono della congregazione da parte di p. Berg è stata diffusa il 7 maggio per mano dello stesso, che ha diramato un breve comunicato stampa (“per evitare speculazioni non necessarie e infondate sui motivi della mia decisione”, afferma) in cui dà ragione della sua decisione, maturata, dice, “nell’arco di quasi tre anni” anche se “le recenti rivelazioni sul fondatore della Legione, p. Marcial Maciel, sono state profondamente scioccanti”.

Pur sottolineando “la grande quantità di bene che Dio ha compiuto attraverso i preti Legionari e le opere di apostolato della congregazione nel corso dei sessant’anni della sua esistenza”, e affermando con forza la propria gratitudine, Berg non può evitare di affrontare la questione della attuale crisi della congregazione: “A mio parere, le gravi questioni all’interno di essa – scrive – richiederanno la sua totale riforma, se non una completa rifondazione. Spero che la imminente visita apostolica alla Legione costituirà un primo passo verso un nuovo inizio per i Legionari ed i membri di Regnum Christi [il braccio laico della Legione]”.

L’abbandono della Legione non comporterà per Berg la rinuncia alla guida del Westchester Insititute, anche se sarà ora nominata una nuova dirigenza e l’Istituto non sarà più “sotto la sponsorizzazione della Legione”. Il religioso afferma, infine, di voler proseguire la propria vita sacerdotale in questo modo e “grazie ad un ministero molto attivo nella arcidiocesi di New York”, sotto il nuovo arcivescovo Timothy Dolan. (ludovica eugenio)

http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=45377

Il FONDATORE DEI LEGIONARI AVEVA UNA FIGLIA. E I “FIGLI” LO RINNEGANO

34853. WASHINGTON-ADISTA. Il paragone, forse un po’ irriverente, è tuttavia spontaneo: come Al Capone fu arrestato per evasione fiscale, nonostante i gravi capi d’accusa che gli erano stati imputati, così ora, sulla vita del fondatore dei Legionari di Cristo, il messicano Marcial Maciel Degollado, accusato per decenni di abusi sessuali su minori, ma sempre sostenuto dall’amicizia di Giovanni Paolo II, si squarcia definitivamente un velo, ad un anno dalla morte: anche in questo caso, però, per un “reato minore”, se così lo si può definire: Maciel avrebbe avuto una figlia.

Così, dopo anni di strenue difese da parte della Congregazione da lui fondata, l’attuale superiore dei Legionari, p. Álvaro Corcuera ha deplorato il comportamento di Maciel e ha ammesso – lo riferisce il settimanale cattolico Usa National Catholic Reporter (3/2) citando fonti interne ai Legionari di Cristo – che il comportamento di p. Marcial non avrebbe costituito uno “sbaglio di una volta sola”, ma un “modello che si è ripetuto negli anni”: una sorta di doppia vita, insomma, della quale sono stati messi ora al corrente, capillarmente, seminari e istituzioni della Congregazione in giro per il mondo.

Finora, le accuse di pedofilia, mosse a Maciel a partire dal ‘97 da parte di ex Legionari, sono sempre state rigettate dalla sua Congregazione e bollate come il frutto di cospirazione contro un uomo ritenuto santo. Del resto, nonostante le gravissime accuse, Maciel non fu mai sottoposto a processo dal Vaticano, grazie, soprattutto, al grande favore di cui godeva presso Wojtyla. La revisione del giudizio su p. Maciel cominciò, molto lentamente, solo dopo il 2006 (v. Adista nn. 39 e 41/06), dopo l’elezione di Benedetto XVI. L’attuale papa, per evitare che lo scandalo delle coperture ecclesiastiche concesse a p. Maciel scoppiasse in modo clamoroso, adottò, tramite il suo successore alla Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. William Levada, una soluzione salomonica: in considerazione dell’età ormai avanzata di Maciel e della sua salute cagionevole, il Vaticano decideva di rinunciare definitivamente all’azione canonica nei confronti dell’anziano prete, ma invitava il fondatore dei Legionari ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico. Una sorta di “arresti domiciliari” che evitava però al fondatore dei Legionari l’onta di un processo e la probabile scomunica latae sententiae prevista per il reato di cui era accusato. Maciel, che si era dimesso da superiore generale dei Legionari nel 2005 per motivi di età, all’indomani della sua rielezione, uscì così definitivamente di scena. Nell’autunno 2007 poi, il papa sollecitò una modifica rilevante allo statuto dei Legionari di Cristo, chiedendo la soppressione del “quarto e quinto voto” a cui seminaristi e preti erano tenuti, i cosiddetti “voti privati” (di “umiltà” e “discrezione”), voluti da Maciel e responsabili della cortina impenetrabile di segreto e mistero all’interno della congregazione, e del clima di omertà e timore. Ora, dopo la morte (avvenuta nel gennaio del 2008), l’ennesima e definitiva tegola sulla figura del fondatore: l’esistenza di una figlia segreta.
Una doppia vita

“Abbiamo appreso – ha affermato Jim Fair, portavoce dei Legionari – alcune cose circa la vita del nostro fondatore, sorprendenti e difficili per noi da comprendere. Possiamo confermare che vi sono alcuni aspetti della sua vita che non si confacevano ad un prete cattolico”. Come superare, ora, il trauma di questa scoperta? “Egli è il fondatore e sarà sempre il fondatore dell’ordine”, ha detto Fair. “È uno dei misteri che tutti vediamo nella vita, il fatto che talvolta cose positive vengano da esseri umani meno che perfetti”. Concetto che sarà però difficile da accettare da parte di una struttura che ha sempre sovrapposto al carisma religioso la figura del fondatore. “Padre Maciel era il mio eroe mitico, che stava su un piedistallo e aveva tutte le risposte”, spiega sul New York Times (4/2) Stephen Fichter, ex prete del New Jersey che ha lasciato i Legionari dopo 14 anni. “Quando si diventa Legionari, bisogna leggere ogni lettera scritta da padre Maciel, 15 o 16 volumi. Sentire che aveva una doppia vita… Non so proprio come andranno avanti”. Ex responsabile finanziario della congregazione, Fichter racconta che “come Legionari ci veniva insegnata una rigorosa povertà; se uscivo per comprare una biro Bic e una tavoletta di cioccolata, dovevo portare le ricevute”. Maciel, invece, non si atteneva a questo stile: ogni volta che partiva da Roma, racconta Fichter ( che tre anni fa informò di questo fatto il Vaticano) “dovevo dargli 10.000 dollari in contanti, dei quali 5.000 in valuta americana e i restanti nella valuta del Paese dove si recava. Per lui non esisteva contabilità. Sempre contanti, nessuna traccia cartacea. Ma siccome per noi era questo incredibile eroe, nessuno ha mai fatto questioni”.

Il favore di Wojtyla

Maciel fondò la congregazione dei Legionari di Cristo nel 1941, dotandola di un ramo clericale e di Regnum Christi, il braccio laico, che conta oggi un “bacino” di 400mila aderenti, ed è attiva in 20 Paesi soprattutto nel settore dell’istruzione. Nel 2005, come “regalo” per i sessant’anni di sacerdozio, Maciel ricevette da Wojtyla la gestione del Pontificio Istituto Notre Dame of Jerusalem Center, il più importante centro vaticano nella Città Santa. L’amicizia del papa polacco ha consentito al movimento di espandersi in modo impressionante: oggi i legionari possiedono 125 case religiose e centri di formazione, 200 centri educativi e altri 600 dedicati alla formazione e all’impegno apostolico dei laici. A Roma è attivo con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e l’Università Europea; è penetrato nel sociale grazie ad una Onlus, la fondazione Semper Altius, ed è attivo soprattutto in America Latina, dove coordina “Mano Amica”, una rete di scuole frequentata da 16.000 alunni. Consistente anche l’appoggio economico di importanti finanziatori – come il magnate delle comunicazioni messicano Carlos Slim, l’uomo più ricco del mondo – alla sua rete di istituzioni, il cui budget annuale si aggira sui 650 milioni di dollari.

Doppiamente senza “padre”

I Legionari si trovano ora di fronte ad una situazione molto difficile da gestire, anche se continuano ad affermare la loro gratitudine nei confronti di Maciel per aver fondato la congregazione. La verità su di lui è venuta a galla “solo di recente”, spiega il portavoce del quartier generale romano della congregazione, p. Paolo Scarafoni, che però non ha voluto spiegare come ciò sia avvenuto: “Non è ancora opportuno discuterne, anche perché vi sono delle persone coinvolte”, ha detto al Ncr il 4 febbraio. Il dolore dei Legionari è intenso perché “si tratta di qualcosa che prima non sapevamo”, ha affermato, continuando a considerare le numerose accuse di pedofilia mosse contro Maciel negli anni “mai definitivamente provate”.

Certamente, però, la prova che una doppia vita esistesse non ha potuto evitare ai Legionari di prendere sul serio anche le accuse di pedofilia. Tom Hoopes, direttore del National Catholic Register, settimanale americano dei Legionari, ha pubblicato il 3 febbraio scorso una dichiarazione di scuse come commento ad un blog cattolico, http://www.AmyWelborn.wordpress. “Tutto ciò che voglio dire – ha scritto – è che mi dispiace. Voglio dirlo qui, perché qui ho difeso p. Maciel, e deve restare traccia di quella difesa”. “Mi dispiace per le vittime, che sono state vittime due volte, la seconda di calunnia”, ha ammesso. “Mi dispiace per la Chiesa, che è stata danneggiata. Mi dispiace per coloro che ho fuorviato… La Chiesa ha fatto giustizia e ha penalizzato quest’uomo… Io cerco pentimento e perdono”.

Il danno al movimento, in ogni caso, è devastante, e ci si chiede se e in che modo esso possa riaversi dal danno procurato da questo “brusco risveglio”. A questo proposito è interessante la lettera aperta ai Legionari di Cristo e a Regnum Christi che Germain Grisez, professore di Etica cristiana della Mount Saint Mary’s University, nel Maryland, particolarmente vicino alla sensibilità del movimento, ha scritto per trovare una soluzione alla crisi. Tenendo in mente che “il vostro impegno fondamentale è verso Gesù e la sua Chiesa”, si legge nella lettera ai legionari, pubblicata sul blog American Papist, dovete capire “come continuare a portare avanti quell’impegno nel modo più fedele e fruttuoso”. “A prescindere dalla responsabilità morale soggettiva di padre Maciel – che solo Dio conosce – la prova dell’oggettivo tradimento del suo impegno rende impossibile a voi e ad altri buoni e fedeli Legionari di continuare a portare avanti il vostro servizio e la vostra vita come cooperazione con lui. Se non procedete velocemente a chiudere i Legionari di Cristo come persona giuridica e a riorganizzarvi in un nuovo istituto, il bene comune che ora condividete comincerà a decomporsi; sarete raggiunti da pochissimi uomini, molti di quelli che sono in formazione lasceranno e alcuni membri professi si separeranno, la collaborazione e il supporto dei laici diminuirà”. Il suggerimento accorato di Grisez, dunque, è di fare appello al papa (“l’unico che può supervisionare la chiusura dei Legionari di Cristo, la salvezza dei suoi membri fedeli e la loro ricostituzione in un nuovo istituto”) affinché nomini “due o tre prelati, che non siano Legionari né della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, per una commissione papale ad hoc” che porti avanti questo procedimento di liquidazione del passato che getti le premesse per un reale rinnovamento. (ludovica eugenio)

Sui pedofili il silenzio è sacro

di Gianluca Di Feo

Il memoriale spedito a Wojtyla sugli abusi in Messico. Le accuse ai preti italiani. In un libro, le omissioni della Chiesa

Il libro “Viaggio nel silenzio”

Forte con i deboli e debole con i potenti. A leggere le inchieste e le rivelazioni sulle coperture del Vaticano ai sacerdoti accusati di pedofilia sembra di assistere a un capovolgimento dei valori della Chiesa. Scandali come quelli statunitensi o come l’incredibile vicenda di don Gelmini aprono crepe nella credibilità delle istituzioni ecclesiastiche e soprattutto nella loro capacità di prevenire e punire gli abusi sessuali del clero. Adesso un volume in uscita per l’editore Chiarelettere contribuisce ad aumentare i dubbi. In ‘Viaggio nel silenzio’ Vania Lucia Gaito raccoglie testimonianze e documenti inediti, fondendoli in una panoramica planetaria delle coperture concesse dalle curie ai protagonisti dei reati.

Alcune delle storie raccolte sono paradossali. C’è la lettera-memoriale inviata a Giovanni Paolo II da un gruppo di sacerdoti e fedeli messicani contro padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo. E c’è il racconto del calvario di Alessandro Pasquinelli: “Nel gennaio del 2004 ho patteggiato una condanna per pedofilia. A quell’epoca ero parroco alla Vergine dei Pini, a Monsummano Terme. Ho patteggiato senza saperlo. E ho da scontare tre anni senza aver fatto nulla”. Perché accettare una pena senza difendersi? L’ex parroco Pasquinelli sostiene di avere potuto provare la sua innocenza e mostra all’autrice del volume documenti e testimonianze. “Mi fecero firmare un foglio in bianco. Dissero che ci avrebbero scritto un mandato per l’avvocato. Invece ci scrissero il patteggiamento. E il patteggiamento ci fu senza che io neanche ne sapessi nulla. Mi venne comunicato a cose fatte dal mio vescovo”.

Che interesse poteva avere un vescovo a far condannare un suo sacerdote innocente? Pasquinelli viene descritto come un prete dinamico, preparato. Entra persino nell’Opus dei e racconta di avere diviso il suo tempo tra l’Opera e la parrocchia. Lì a Monsummano, nel pistoiese, si lancia nel progetto di una casa famiglia, da cui nascono le accuse contro di lui. Non le accetta: dichiara di avere reagito alle prime voci con denunce e con una gestione ancora più rigorosa della struttura. Mentre il vescovo di Pescia gli avrebbe consigliato il quieto vivere: “Con me fu chiarissimo: ‘Io obbedisco al Vaticano: il Vaticano dice di trasferire senza scandali, e io ti trasferisco’. E così fece. Senza accertare i fatti, senza fare alcun genere di indagine, nulla”. Pasquinelli elenca perizie a sostegno della sua innocenza. Ma quando diventa formalmente indagato entra in depressione. Fino a quella firma sul foglio bianco che si trasforma in una condanna ‘benedetta’ dal vescovo. Perché, sostiene nel libro, la Curia non voleva che la sua difesa al processo potesse far emergere ben altri scandali.

Uno tra tanti: “Non voleva che si sapesse, poi, di Enrico Marinoni, un sacerdote che aveva preso dalla diocesi di Fiesole, che aveva alle spalle storie di adescamento di minori. Il vescovo l’aveva nominato responsabile dell’Azione cattolica bambini. Era stato come affidare le pecore al lupo, don Enrico si era scatenato, alla fine c’erano state le denunce e aveva patteggiato due anni e sei mesi”.

Pasquinelli dopo la sentenza ha reagito, chiedendo gli atti per andare al dibattimento e il vescovo lo ha sospeso. Da lì un percorso che lo ha visto lasciare la diocesi, per poi prendere moglie e diventare un alfiere dei preti sposati. Ma il suo racconto colpisce. Perché parte dal seminario: “Ho l’impressione che ci fosse una percentuale di omosessuali molto alta. È capitato anche a me di ricevere proposte”. La più esplicita “venne da un mio compagno che, quando io ero in seminario, era già stato ordinato sacerdote”. Descrive l’approccio, il bacio: “Lui continuò ad abbracciarmi e mi disse: ‘La nostra è un’amicizia sacra’. Io non riuscivo a dire nulla, l’imbarazzo era troppo forte. Ero pietrificato. E a quel punto lui cercò di sbottonarmi i pantaloni”.

Non è solo questione di seminari. A Roma viene indirizzato “a un prelato del Vaticano con un ruolo molto importante. Telefonai e mi fu fissato un appuntamento. I miei amici, quando lo seppero, esplosero in risate e battutine: ‘Ah, ma vai da Jessica! Attento! Mettiti la cintura di castità!’. Pensavo che scherzassero, e invece avevano ragione. In Vaticano mi ricevette in uno studio splendido, elegantissimo… Cominciò a lisciarmi le gambe, poi ad accarezzarmi. Io ero gelato. Poi arrivò alla cerniera dei pantaloni. Mi salvò il telefono, come nei film di terza categoria. Lui dovette rispondere e io mi alzai e andai alla porta”.

(L’Espresso 11 marzo 2008)