Archivio | novembre 23, 2008

Strage di Erba: la lettera dei Frigerio, l’ultima recita di Olindo e il Dio di Azouz

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Note di Wildgreta: ho raccolto gli ultimi eventi del processo per la strage di Erba. Dalle dichiarazioni di Olindo, alle lettere di Azouz e della famiglia Frigerio.

I Frigerio contro Olindo: «Parole agghiaccianti»

Intanto il legale di Azouz annuncia una querela per calunnia a carica di Rosa Bazzi

Ci hanno pensato e ripensato. Giorni e giorni nel dolore e nel disagio. Fino ad arrivare a rompere gli indugi. E ad affidare a un comunicato stampa, per il rischio di essere fraintesi, la loro rabbia. La loro indignazione di vittime della strage di Erba. A poche ore dal ritorno in aula la famiglia Frigerio attacca frontalmente Olindo Romano, critica le dichiarazioni spontanee dell’imputato e l’atteggiamento dei difensori di quest’ultimo.
Nel mirino, ovviamente, finisce anche la moglie di Olindo, Rosa. «Quelle parole agghiaccianti offendono gravemente le vittime e i familiari», scrivono Mario Frigerio e i figli Andrea ed Elena.
E poi: «Riteniamo che il monologo di Olindo Romano non abbia nulla di spontaneo, ma che rientri in una strategia difensiva per noi infondata e prossima a capitolare», lasciando chiaramente intendere quale siano le loro aspettative: «Desideriamo che gli imputati vengano condannati al carcere a vita e che poi gli stessi non possano più incontrarsi, neppure per pochi minuti».
Il legale della famiglia Frigerio, Manuel Gabrielli, spiega che il dolore della famiglia è forte, acuto, reso ancora più insopportabile nell’avvicinarsi della sentenza nella prossima settimana: «Soffrono, stanno male. Hanno sentito in aula la descrizione dell’uccisione della madre Valeria, hanno sentito cosa è accaduto al padre. E adesso vogliono la condanna».
«Quei due hanno distrutto la nostra famiglia – prosegue il comunicato dei Frigerio – E non possiamo perdonarli. Il nostro dolore, la nostra rabbia non ce lo consentono».
La nota, diffusa dal legale, si conclude con una richiesta chiara, eloquente: «Chiediamo di lasciarci soli nella nostra intimità familiare». Tutto qui.
Domani, intanto, si ritorna in aula. Elena, che la settimana scorsa ha rischiato di crollare dopo le dichiarazioni di Olindo, forse non ci sarà. Insieme con Gabrielli, in Assise, dovrebbe esserci soltanto Andrea. Papà Mario, se ce la farà, verrà in aula per la sentenza, mercoledì.
Ma la novità delle ultime ore è anche un’altra. Roberto Tropenscovino, il legale di Azouz, ha pronta una denuncia per calunnia. La depositerà al Tribunale subito dopo la lettura della sentenza. Destinataria Rosa Bazzi, che in un video shock – proiettato in aula nei mesi scorsi e poi diffuso da Matrix – ha accusato il tunisino di essere stato la causa del massacro. Rosa ha puntato l’indice contro Azouz, accusandolo di essere entrato nella sua abitazione e di averla violentata. «Parole inventate, senza riscontri – dice Tropenscovino – Non si può fare finta di nulla. Ecco perché abbiamo deciso di denunciarla per calunnia».

Marco Romualdi Corriere di Como 23 novenbre 2008

“Ci hanno distrutto la vita: solo carcere a vita e separati”
domenica 23 novembre 2008
Rabbia, dolore ed indignazione. La famiglia di Mario Frigerio, il superstite della strage di Erba, rompe gli indugi ed esce allo scoperto a poche ore dalla ripresa del processo per il massacro di via Diaz: domattina tutti in aula per le arringhe della difesa con i tre legali tutti impegnati a parlare ai giudici per cercare di convincerli dell’estraneità ai fatti contestati di Olindo Romano e della moglie Rosa. Ma i Frigerio non ci stanno. E dicono basta anche prima di questi interventi. E sopratutto dicono che la loro indignazione è tanta dopo le ultime dichiarazioni spontanee dell’ex netturbino erbese nell’udienza di mercoledì scorso. La rabbia della famiglia del superstite – che ha inchiodato Olindo alle sue responsabilità in diverse occasioni – è quella che esce da un comunicato stampa letto dall’avvocato Manuel Gabrielli alla stampa. Ecco il testo integrale giunto in redazione: “Innanzitutto, intendiamo esprimere il nostro disagio e la nostra indignazione per le dichiarazioni spontanee rese da Olindo Romano all’ultima udienza. Quelle agghiaccianti parole offendono gravemente le vittime di questa strage, nonchè i familiari delle stesse.
Riteniamo che il monologo di Olindo Romano non abbia nulla di spontaneo, ma che rientri in una strategia difensiva per noi infondata e prossima a capitolare. Non comprendiamo come il collegio difensivo si ostini a proclamare l’innocenza degli imputati quando tutte le prove emerse nel corso del dibattimento dimostrano in modo inconfutabile la loro piena colpevolezza.
Desideriamo che gli imputati vengano condannati al carcere a vita e che gli stessi non possano più incontrarsi, neppure per pochi minuti. Solo tale pena potrà far loro comprendere la gravità delle loro colpe, nonchè il dolore che si prova a non poter più vedere e riabbracciare una persona cara. Nessuno ci potrà risarcire per la perdita della nostra cara Valeria, la mancanza dei suoi sorrisi, del suo dolce affetto, delle sue carezze e delle sue premure.
Nessuno ci potrà più restituire quella gioia di vivere che avevamo prima di quel maledetto 11 dicembre 2006. Gli imputati hanno distrutto la nostra famiglia, il nostro mondo. E vogliamo che agli stessi venga tolto il loto, la loro casa, i loro beni e che rimangano soli con i loro incubi.
Che sia chiaro: a noi non interessano i loro soldi, ma abbiamo diritto al risarcimento ed a ottenere che la loro vita carceraria non possa essere alleviata da disponibilità economiche o dal pensiero di poter conservare il loro patrimonio. Alle istituzioni non chiediamo nulla di più se non una giusta ed esemplare condanna, che tenga conto non solo dell’efferatezza degli omicidi, ma anche del loro comportamento processuale e dei loro odiosi sorrisi che ci offendono gravemente ed aggiungono ulteriore dolore ai nostri cuori.
Non possiamo perdonarli. Il nostro dolore, la nostrarabbia e la nostra indignazione per una scelta processuale moralmente inacettabile non ce lo consentono. Nella speranza che le richieste di condanna trovino accoglimento, vi chiediamo di lasciarci soli nella nostra intimità familiare.

Mario Frigerio, Andrea Frigerio, Elena Frigerio.”

Ciao Como 23 novembre 2008

REPORTAGE
L’ultima recita di Olindo

«Confessai solo perchè mi ero immedesimato nell’assassino». I suoi avvocati: assolvetelo o fategli una perizia psichiatrica
MARCO NEIROTTI
INVIATO A COMO
Tre volte attore suo malgrado e tre volte tradito. Per camerino la cella. Così si è mostrato ieri mattina Olindo Romano, quando gli è stata data parola. Anziché teatro del clamore («ho fatto tutto io, salvate Rosa», era il tam tam della notte), ha messo in scena quello dell’isolamento del pensiero. Mai reclamata la parola «innocenti», non dice di non aver mai compiuto la strage, piuttosto ci tiene a ribadire che sulla «Bibbia» dei pizzini non l’ha mai «rivendicata». Parla con una ostinata, spietata lontananza dai giorni dei fatti e da quello così prossimo della sentenza.

Identico alle altre volte: un po’ di armeggi con il microfono, poi «penso che si senta bene», identico anche nella fine: «Con questo concludo così, non voglio dire altro». Quasi una richiesta di comprensione in apertura: «Vado indietro nel tempo perché soffro di vuoti di memoria». E allora deve precisare qualcosa su tre crucci: lo psichiatra Picozzi, la Bibbia, i medici del carcere. Li allinea, ma non trae una conclusione, mai, utile alla riflessione della corte.

Primo: «Il professor Picozzi venne in carcere come consulente della difesa con una piccola telecamera. Gli chiesi a che serviva. Rispose: per poi redigere la valutazione. Assicurò che quel che dicevo non sarebbe finito in nessun modo su tv e giornali e da nessuna altra parte. Acconsentii. Tre sedute dove dovevo ripercorrere una confessione. Poi non l’ho più visto. Lo stesso con mia moglie».

La «recitazione» con la Bibbia annotata: «Sta in un contesto dove noi, anzi io perché io ho scritto, uso il singolare… Avevo appena fatto una confessione, agli occhi degli agenti, dei detenuti, di chiunque arrivava ero il mostro di Erba: dovevo esprimere del pentimento. Ci sono punte di rabbia, ma era un modo per sfogarsi, un passatempo, lì non c’è nulla da fare». Conclusione? Mal interpretati gli scritti? No, quello che conta è la non rivendicazione, non la negazione d’aver agito.

Terzo tradimento. «Gli psichiatri in carcere. Ne sono cambiati tre, cinquanta, sessanta incontri, ma loro, come ha detto il pm, dovevano venire solo per la terapia. Dei fatti ho parlato con la psicologa». Non lo dice espressamente, ma la lamentela è la medesima: là dove ho collaborato mi sono ritrovato tutto contro. Sottolinea ogni parola con mani e braccia. Torna in gabbia: ha chiarito, non ha chiesto una riflessione, nulla ha reclamato. Ha messo in chiaro tre punti. L’esito di tutto appartiene a un’altra sfera. Quello che pareva pronto a essere un attacco frontale al primo psichiatra con la videocamera, si è sciolto in una puntualizzazione cui sembra tenere più per la chiarezza con se stesso che con chi lo giudicherà. Il video di Rosa fu allegato agli atti dalla difesa di allora perché conteneva la ricostruzione dell’asserito stupro da parte di Azouz, quindi una spiegazione al gesto in vista di un rito abbreviato. Si ritorse in elemento dell’accusa.

L’attore «tradito» sembra soddisfatto di aver preso le distanze da chi oggi vede come regista d’allora, nemmeno del disastro di oggi dopo la requisitoria di Massimo Astori. Nelle considerazioni sul diario clinico l’accusa ha letto di «tranquillità, adeguatezza nell’eloquio». E poi: «Riferisce di essere tranquillo, di non pentirsi del fatto. Ritiene solo di avere necessità di incontrare sua moglie». Di lei: «Afferma di sentire un po’ di rimorso per il bambino, ma senza particolare partecipazione emotiva».

Olindo avrebbe voluto fare un lungo intervento per difendere i tre legali – Pacia, Bordeaux e Schembri – bersagliati da pm e parte civile, ma loro l’hanno convinto a evitare quel bizzarro ribaltamento. E intanto hanno deciso: «Assolvetelo o fategli una perizia psichiatrica». Lui ha puntualizzato quel che gli stava a cuore più per sé che per il processo in aula e per quello mediatico. Estraneo alla sera di dicembre così lontana come alla sentenza così vicina, con lo sguardo da lupo spaventato e minaccioso, robusto e tozzo intento a mettere i puntini sulle i con le mani accusate di ferocia pazzesca e per lui incapaci di uno schiaffo, al massimo di stringere quella che altri chiamano spranga e per lui è soltanto una «stanghetta».
La Stampa 20 novemre 2008

 Olindo, ho solo recitato la parte dell’assassino

Romano ritrattò la confessione di aver ucciso 4 persone Olindo: «Entrai nel personaggio dell’assassino»COMO Chi si aspettava rivelazioni sconvolgenti da Olindo Romano ieri è rimasto deluso. L’ex netturbino, per la seconda volta nel corso del dibattimento per la strage di Erba, ha preso la parola per dichiarazioni spontanee davanti ai giudici della Corte d’assise di Como.Home Interni Esteri

Quei giudici che dovranno decidere se condannare lui e la moglie Rosa Bazzi all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno, come chiesto dal pm Massimo Astori per l’omicidio di quattro persone – tra queste un bambino di poco più di due anni – e il ferimento di una quinta.
La prima volta fu per ritrattare la propria confessione e dire che era stato «incastrato» dai carabinieri con la promessa di una pena contenuta: lui e Rosa quella sera non c’erano nella corte di via Diaz, teatro del massacro. Ieri Olindo, con la sua voce sottile che stride con il suo corpo da omone, con la sua erre arrotata, con indosso il solito maglione, ha voluto affrontare «tre argomenti» di cui si era dimenticato di parlare. «Il primo riguarda il professor Picozzi, il secondo la Bibbia, e poi, il terzo, gli psichiatri», ha premesso gesticolando nervosamente. Riguardo il criminologo Massimo Picozzi, che realizzò con la coppia una videointervista in funzione di una perizia psichiatrica, Olindo ha ricordato: «Io con lui ho avuto tre sedute, la terza è durata sì e no mezz’ora. Nella prima seduta la prima cosa che mi ha chiesto è stata se poteva riprendermi con la videocamera. Io gli chiesi a cosa serviva e lui mi rispose che quella videocamera serviva esclusivamente per redigere la mia valutazione psichiatrica». Il contenuto, invece, finì in un libro, la videointervista di Rosa fu trasmessa in Tv: «Riordinai la confessione, immedesimandomi nel personaggio».
Quale personaggio l’ex netturbino l’ha spiegato parlando della Bibbia: è il personaggio del Mostro di Erba. «Io mi ero dichiarato pentito – ha detto -. In carcere agli occhi degli agenti, agli occhi dei detenuti e di chiunque arrivava, io ero il Mostro di Erba, pentito ma sempre il Mostro di Erba. Di conseguenza, gli scritti sulla Bibbia sono in linea con il mio pentimento. È vero quello che è stato detto l’altro giorno, che alcuni sono stati scritti con rabbia. Un modo come un altro per sfogarsi». Non erano «rivendicazioni», come ha detto il pm.
Poi il rapporto con gli psichiatri: «Con tutti e tre non ho avuto altro che degli incontri, 50-60 incontri come ha detto il pm, ma solo ed esclusivamente per la terapia. Per la questione dei fatti ne ho parlato, ma con la psicologa».
Dichiarazioni apparentemente sibilline, quelle di Olindo, ma rese più comprensibili dalle parole di uno dei suoi legali, Enzo Pacia, che, in subordine all’assoluzione chiederà una perizia psichiatrica: quella perizia che il pm aveva giudicato inutile.
Rosa, invece, non ha parlato, raggomitolata in gabbia nel suo maglioncino rosa. È apparsa stanca, provata. Come spesso negli ultimi tempi.
Il Tempo 20/11/2008

 ##Strage Erba/ Azouz: per i Romano ergastolo senza conforto di Dio
Parti civili chiedono oltre 5 milioni di risarcimento “teorico”
postato 3 giorni fa da APCOM
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Como, 19 nov. (Apcom) – Doveva essere il giorno delle dichiarazioni spontanee di Olindo Romano, accusato insieme alla moglie Rosa Bazzi di essere l’autore della strage di Erba, ma nei cinque minuti in cui si è seduto di fronte alla Corte d’Assise di Como l’imputato non ha fatto altro che ribadire la propria posizione difensiva: la confessione, poi ritrattata, a suo parere non ha valore perchè “mi immedesimai nel personaggio”, così come la valutazione psichiatrica del criminologo Massimo Picozzi. Protagonista è stato invece Azouz Marzouk, padre, marito e genero di tre delle quattro vittime, che attraverso il proprio legale, Roberto Tropenscovino, ha fatto leggere una lettera nella quale auspica la condanna dei coniugi Romano “non più come dicevo alla pena di morte, ma all’ergastolo senza Dio” e chiesto un risarcimento “teorico”, vista la posizione patrimoniale degli imputati, di 2,6 milioni di euro. 

Nel testo il tunisino, che da alcuni giorni è in sciopero della fame anche per protestare contro la propria espulsione dall’Italia in seguito alla condanna patteggiata per traffico di droga, ammette di aver sbagliato, ma sottolinea anche di avere pagato “un conto duro” con la giustizia “che mi ha rovinato la vita. Questo però non è il mio processo, ma il processo degli assassini che hanno sterminato la mia famiglia, cambiato la mia vita e la vita di tante altre persone. Per favore trattate anche me come vittima di questa orrenda strage, una vittima come i Castagna, i Frigerio, non come Azouz lo spacciatore”. Marzouk ha ricordato di essere venuto in Italia “per vivere, lavorare, ho sposato una italiana, ho avuto un figlio, una famiglia, ora mia moglie è morta, il mio angelo Youssef è morto… e poi ho sbagliato io. Però hanno sbagliato anche quelli che hanno ucciso le uniche cose belle che avevo Raffa e Youssef. Di questo bisogna tenere conto e non dimenticare”. Un concetto ribadito anche da Tropenscovino che ha fatto riferimento al “supplemento di dolore” subito “dall’amico Azouz” per il fatto di essere stato inizialmente considerato il responsabile della strage.

“Ho chiesto di parlare – ha esordito Olindo dopo le richieste delle parti civili – perché nelle altre volte a causa dei miei vuoti di memoria sono rimasto indietro nel tempo”. Tre gli argomenti affrontati dall’imputato e ripresi dalla sua ultima deposizione del 18 febbraio. Prima alcune precisazione sui colloqui in carcere, filmati e poi diffusi in tv, con il criminologo Massimo Picozzi: “Durante le riprese non feci altro che riordinare le mie confessione immedesimandomi nel personaggio”. Il secondo riferimento è ai ‘pizzini’ dal tono confessorio scritti in cella sulla Bibbia: “Quegli scritti sono in linea con il pentimento. E’ vero che alcuni appunti li ho scritti con una punta di rabbia, ma era uno modo per sfogare e non per rivendicare qualcosa”. L’ultimo riferimento è agli psichiatri incontrati in carcere una sessantina di volte, “ma solo ed esclusivamente per la terapia”, mai per parlare “della questione, dei fatti”.

Un ennesimo tentativo di difesa che non ha scalfito le certezze delle famiglie Castagna e Frigerio allineate alla richiesta del pm, Massimo Astori, di condannare i coniugi Romano all’ergastolo. “Se avete sperato in un’assoluzione, se qualcuno vi ha ingannato, ve ne accorgerete presto” ha detto Francesco Tagliabue, legale dei Castagna, che ha chiesto solo un risarcimento simbolico. “L’unica vera forma di risarcimento – ha aggiunto – sarebbe che gli imputati smettessero di mentire alla Corte e a sè stessi”. Molto più concreta la “richieste accalorata” di Manuel Gabrielli, legale dell’unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio, di una provvisionale di almeno 320mila euro, immediatamente esecutiva, per consentire al suo assistito di “poter affrontare con maggiore serenità il calvario” al quale è stato sottoposto per le coltellate che lo hanno reso invalido al 70%: ricoveri, interventi chirurgici e “continue visite e cure”. I Frigerio, compresi i due figli avuti dalla quarta vittima Valeria Cherubini, Andrea e Elena, hanno chiesto complessivamente 2,7 milioni di euro.

Il processo riprenderà lunedì 24 novembre con le repliche della difesa. La sentenza è attesa per mercoledì 26.

In 90 contro Amanda. Spunta superteste. I PM:proveremo patto omicida

La rivelazione: ho visto Mez con i 3 imputati prima del delitto. I pm: proveremo il patto omicida

DAL NOSTRO INVIATO
PERUGIA – Ci saranno gli studenti, i professori, gli amici della vittima e degli imputati. Ci saranno i poliziotti, i consulenti, molti cittadini di Perugia. E ci sarà anche un nuovo testimone che l’accusa vuole portare al processo che comincerà il prossimo 4 dicembre per dimostrare che i presunti assassini di Meredith Kercher si frequentavano e così avvalorare la tesi di un patto omicida. L’uomo sostiene infatti che due giorni prima del delitto vide Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Hermann Guede uscire dal cancello di via della Pergola insieme alla stessa Mez. Ai giudici dovrà però spiegare come mai abbia deciso di raccontarlo soltanto un anno dopo. Nella «lista testi» presentata ieri mattina dai pubblici ministeri ci sono novanta nomi. Persone che si chiederà alla corte d’assise di interrogare per ricostruire che cosa accadde prima e dopo la sera del primo novembre 2007 quando la giovane inglese fu uccisa con tre coltellate alla gola. In aula la partita tra le parti si giocherà proprio sulla loro credibilità. E dunque sarà fondamentale capire per quale motivo alcuni siano rimasti in silenzio per tutti questi mesi, nonostante l’inchiesta fosse costantemente al centro dell’attenzione di giornali e televisioni anche stranieri. Comprendere come mai quest’uomo, che secondo i magistrati può imprimere la svolta decisiva al dibattimento, non abbia finora ritenuto importante rivelare quello che dice di aver visto. Continua a leggere