AMANDA KNOX AL GIUDICE:«MI DICEVANO: SEI LESBICA»

Hanno chiacchierato a lungo la notte del primo novembre, tra i ricordi di un’adolescenza appena lasciata alle spalle e qualche tiro di canna per alleviare la tristezza. Intanto a Perugia, a pochi chilometri da lì, secondo il loro racconto, qualcuno uccideva Meredith Kercher. Qualcuno, ma non loro: Amanda Knox quella notte si trovava a casa di Raffaele Sollecito a parlare «delle persone che eravamo». Lo studente di ingegneria raccontava all’amica-amante delle sofferenze patite quando a scuola tutti lo prendevano in giro perché si era sparsa la voce che era un appassionato di “Sailor Moon”, cartone animato giapponese destinato ad un pubblico femminile. Amanda aveva cercato di consolarlo, raccontandogli dei suoi anni di adolescente a Seattle: «Gli ho raccontato di come al liceo fossi antipatica a molti perché la gente pensava che fossi lesbica».
Il racconto è firmato Amanda Knox, che nelle sue memorie scritte ha descritto la sua versione dei fatti: quella notte lei e Sollecito si trovavano a casa di quest’ultimo a parlare: «E’ stata una conversazione molto lunga – si legge negli appunti pubblicati dal “Sunday Times” – ma è accaduta e deve essere accaduta proprio mentre Meredith veniva uccisa». Ora il manoscritto è al vaglio degli inquirenti, insieme alla relazione della polizia scientifica.

Leggo online 21 settembre 2008

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